Photo by Jacopo Grassi

II
wood, fabric, clay, resin, paint and spray paint
180 x 42 x 27 cm, 2011
 

Marta Pierobon II

12/10/2011 al 19/10/2011
 

Avete mai provato a re-immaginarvi tutto?

Mi son svegliato una mattina di settembre; il sole era alto, il vento caldo ed il mare blu, come gli occhi di una statua. Non c'era più nulla intorno a me che mi attraesse; né bellezza, né scoperta.

Mi hanno raccontato a lungo di un'isola stupenda, per raggiungerla bisogna oltrepassare il confine del mare; un posto orribile e demoniaco: l'acqua si abbassa, ristagna, e la sabbia del deserto affiora qua e là rendendo il passaggio impossibile.
Va affrontato di notte, quando gli abitanti delle coste dormono, altrimenti il mare ti inghiotte; il rischio è alto, chi resta bloccato a metà tra due mondi, non ha via di scampo. Poi ci sono gli scogli che invadono il mare; se ci si avvicina troppo si può distruggere lo scafo e colare a picco in acque popolate da creature pronte a sbranare qualsiasi essere vivente si avvicini.
È assurdo come possa esistere un luogo in cui tanti mostri vivano fIanco a fianco aspettando solo chi non sia abbastanza fortunato da conoscere quale via seguire e finisca incastrato in questo piccolo angolo d'inferno.

“È una società matriarcale quella, non come la nostra!” ripeteva un vecchio signore calvo, che da quanto mi ricordo passò tutta la vita sul ciglio di una strada poco distante da casa mia. Ricordo tutto di lui: il colore dei capelli, bianchi come il sale, quella barba ispida e mal tagliata, la pelle scura di chi ha vissuto in mare. Pure gli abiti erano diversi dai nostri; diceva di aver viaggiato, di esser stato là, oltre il confine.

In città pensavano tutti che fosse diventato cieco per via della sua miscredenza, non si era mai piegato e non parlava mai di dei né di miti, né raccontava strane storie. Lui parlava di società, di costume, di storia e di conoscenze talmente antiche da essere la base di tutto.

Aveva viaggiato su quelle navi leggere ed affusolate che solcano il mare, le uniche in grado di navigare anche in quelle acque putride e infernali. Parlava di una civiltà splendida e pacifica che si trova oltre il confine. Un'isola dove uomini e donne condividono tutto, dove ogni straniero è trattato come un marito di ritorno da un lungo viaggio. Le montagne da quelle parti crescono su rocce d'argento e una pianura enorme accoglie chi arriva. E un altopiano ricco d'oro sovrasta la terra: l'amore regna su qualsiasi essere vivente.

Diceva di aver vissuto con loro per più di dieci anni, fino ad impararne la lingua, le abitudini, e credere nelle loro divinità. Poi un giorno decise di tornare, voleva parlare al suo popolo di questo mondo.
“Quello fu il momento in cui persi la vista”, disse; ma non ha mai raccontato esattamente come.
Niente dei, niente miti, niente supposizioni: “se non vedo più niente? … è solamente colpa mia.”

Giorgio Guidi

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- Elena Bordignon, Marta Pierobon II - Mars, Milano
ATP DIARY, 19 ottobre 2011